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Sulla rivista Scientific Reports di Nature è stato appena pubblicato uno studio coordinato dall'Istituto di Radiologia di Chieti sulle alterazioni che i pazienti con polmonite da Covid sviluppano più precocemente. «L’identificazione precoce di queste alterazioni - spiega Andrea Delli Pizzi, ricercatore dell'Università d'Annunzio di Chieti e medico radiologo nell'Istituto di Radiologia del "SS. Annunziata", il quale ha scritto e coordinato il lavoro - potrebbe aiutare a velocizzare il triage e dunque il trattamento mirato dei pazienti, favorendo tra l'altro una migliore selezione dei pazienti per i reparti intensivi».

Lo studio è stato condotto nel laboratorio di Intelligenza artificiale applicata all’imaging medico (“Logician”) situato nel reparto di Radiologia diretto dal Prof. Massimo Caulo, in collaborazione con i reparti di Malattie infettive (Prof. Jacopo Vecchiet), di Pneumologia (Dott. Stefano Marinari) e altri ricercatori provenienti da diversi dipartimenti dell'Università (tra cui Piero Chiacchiaretta, Antonio Chiarelli e Pierpaolo Croce), dall’Università di Stanford (Domenico Mastrodicasa) e dal Netherland Cancer Institute (Stefano Trebeschi). 

«Qualche mese fa - prosegue Delli Pizzi - avevamo dimostrato che l’analisi avanzata delle immagini radiologiche, grazie a tecniche di Radiomica e Intelligenza artificiale, consente di predire con delle tempistiche molto precoci la risposta al trattamento radiochemioterapico nei tumori del retto (https://www.nature.com/ articles/s41598-021-84816-3). Continuando a lavorare su quegli algoritmi e implementando le nostre tecniche per quanto riguarda l'ambito polmonare ci siamo concentrati sulle alterazioni che i pazienti con polmonite da Covid sviluppano più precocemente. Si tratta di alterazioni molto subdole che talvolta sono percepibili al solo esame TC e purtroppo non sono differenziabili con certezza da altri tipi di polmonite se non attendendo l'arrivo del risultato del tampone. Si tratta di un’ulteriore esempio di ricerca traslazionale in cui si è riusciti a far lavorare insieme ricercatori provenienti da ambiti anche molto diversi tra loro tra cui medici, fisici e bioingegneri. Di questo devo ringraziare in primis il nostro primario, il Prof. Massimo Caulo che da sempre incoraggia queste “contaminazioni” e la disponibilità di tutti i ricercatori che ci hanno supportato anche dall’estero. Un grazie particolare va ai medici del reparto di Radiologia (Dott.ssa Rosa Lucia Patea e Dott.ssa Manuela Mereu) e a tutti gli specializzandi che hanno preso parte al lavoro. Senza di loro questo risultato non avrebbe lo stesso sapore».


QUI il link allo studio pubblicato su Nature




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